Testo di approfondimento di Chiara Squarcina (pdf 48 kb)
Una leggenda narra che i merletti nacquero dalle mani di una fanciulla veneziana che desiderava conservare per sempre il ricordo di un’alga marina ricevuta da un marinaio come pegno d’amore.La giovane pensò che l’unico modo di conservarne disegno, morbidezza e calore fosse riprodurre l’alga usando ciò che sapeva meglio usare: ago e filo.
È una tenera favola, ma come tutte le favole ha un fondo di verità: le donne dei pescatori sanno bene come aggiustare le reti dei loro uomini.
Sono abituate a calibrare i vuoti ed i pieni delle reti per garantire la cattura di ogni tipo di pesce. La capacità di realizzare un lavoro così complesso come i merletti che ora noi ammiriamo non può essere nato all’improvviso!
Anche se uno dei punti iniziali del merletto, il “seme”, è di matrice bizantina, rintracciabile nei decori fitomorfi sul bordo sfrangiato del manto purpureo della Vergine, raffigurata nei mosaici veneto-bizantini più antichi, risalenti al secolo XII, di Torcello (S. Assunta), Murano (SS. Maria e Donato) e Venezia (San Marco), dal Rinascimento in poi sarà comunque qualcosa di molto diverso, più complesso, raffinatissimo.
Certamente il merletto è una evoluzione del ricamo, ma ha una sua specificità. Il ricamo è l’apposizione ad ago di un decoro ad un tessuto che esiste di per se. Il merletto, invece, con l’invenzione veneziana del “punto in aria”, acquista una sua propria materialità. È autonomo dal tessuto.
Liberato dalla trama del tessuto che ne vincolava lo sviluppo, il merletto può inventare mille impieghi. Liberato dallo sfondo, la merlettaia può sperimentare nuovi punti da annodare e da comporre per ottenere figure ed effetti sempre nuovi.
Venezia sviluppò la manifattura dei merletti custodendo gelosamente i segreti dell’arte vietando l’espatrio delle merlettaie e nascondendo il modo di realizzarli. Era vivo il timore che sorgessero delle concorrenti visto che la loro produzione non aveva bisgono di particolari materie prime e macchinari e tutto il valore era nella fattura. Il merletto era nel 1500-1600 molto importante nel bilancio della città perché veniva venduto a caro prezzo e garantiva buone entrate per lo Stato producente, ma provocava l’uscita di ingenti capitali dagli altri.
Si pensi che Luigi IX re di Francia per arginare l’emorragia di denaro causata dall’acquisto dei merletti veneziani da parte dei suoi cortigiani, organizzò il rapimento di alcune merlettaie che furono poi impiegate a far nascere la manifattura dei merletti di Alanson.
Trasformato nella seconda metà del secolo XVI in attività remunerativa per religiose e laiche, orfane e derelitte accolte in istituzioni di ricovero, unica fonte possibile per mettere da parte una dote necessaria per sposarsi o monacarsi, diventa nel secolo XVII, una volta assurto al ruolo di status symbol per eccellenza, lavoro forzato, quasi di tipo schiavistico per intere popolazioni della laguna e del litorale, nonché una delle voci più importanti dell’economia veneziana.
Convertito in esercizio virtuoso, in passatempo con risvolti redditizi nel corso del secolo XVIII, nel successivo (XIX sec.) scade ad occupazione saltuaria, scarsamente professionale a causa della progressiva dimenticanza delle tecniche. Inoltre la comparsa di una moda più semplice e pratica, elimina praticamente i merletti dagli abiti. Senza lo stimolo della richiesta, la produzione del merletto praticamente scompare. Nei primi anni del 700 e 800, la laguna ebbe inverni particolarmente freddi che misero in seria difficoltà la situazione economico e sociale dell’isola e in particolare dell’unica attività economica rimasta nell’isola di Burano.
Nell’inverno del 1872 con la laguna gelata la situazione era tragica e l’onorevole Paolo Fambri assieme alla Contessa Andriana Marcello Zon vennero a conoscenza dell’esistenza in vita di un’ultima merlettaia che conosceva i segreti del “punto in aere” e pensarono che potesse insegnare la sua arte a delle giovinette. Non senza fatica nacque la Scuola dei Merletti di Burano.
Con il contributo di donatori fu possibile trovare una sede. Con l’aiuto del parroco, che interessò il Patriarca, trovare le suore che vi si dedicassero. Con il tramite di Andriana Marcello, dama di Palazzo della Regina Margherita, avere in prestito i merletti antichi della Regina stessa e delle sue dame, per fornire antichi e rari modelli di merletto. Si formò quindi un primo gruppo di otto bambine e si cominciò a produrre qualche merletto che fu venduto e questo fatto rifrancò l’esperimento.
Le prime 8 bambine del 1873 diventarono 250 nel 1878 e 310 nel 1890! La notorietà di questa manifattura era garantita dalle stesse dame che avevano prestato loro i modelli e dalla Regina stessa.Fu un successo che portò la Scuola ad avere ben due negozi in Piazza San Marco a Venezia. Accanto al valore culturale della Scuola dei Merletti di Burano si ricorda la funzione sociale svolta a favore delle bambine offrendo un luogo caldo, una refezione sana e l’istruzione scolastica.
Nei primi anni del’900 si verificò un’ulteriore progressiva scomparsa della richiesta dei merletti, causata dalla semplificazione della moda, dalla scoperta delle fibre sintetiche e dal cambiamento delle condizioni economico sociali portate dalla rivoluzione industriale. Nel 1972 la Scuola chiuse la sua attività. L’edificio, le collezioni dei merletti antichi e moderni e la raccolta dei disegni base per i merletti era tutto di proprietà della Famiglia Marcello.
La Famiglia Marcello, nelle generazioni, ha voluto garantire il ricordo e preservare la testimonianza di questa splendida arte, facendo confluire tutto il patrimonio nella Fondazione Andriana Marcello – Centro del Merletto di Burano – Ente Morale. La Fondazione Andriana Marcello, a sua volta, ha ceduto in comodato d’uso gratuito il tutto alla Fondazione Musei Civici di Venezia che ora custodisce le collezioni e gestisce il Museo del Merletto sull’isola di Burano accolto nella sede storica della Scuola.
La concorrenza industriale di buona qualità estetica e tattile e di costo inferiore porterà al declino dei manufatti già nella prima metà del XX secolo, ma nell’ultimo quarto si assiste ad una lenta rinascita del settore (con corsi di apprendimento, mostre storiche, studi specilistici), portata avanti con grande determinazione, abnegazione e pazienza in primis dalla Fondazione Andriana Marcello.